Grandi gesti contro #Grandirischi

Ieri, in aula (per la sentenza di appello del processo ai componenti della commissione Grandi rischi), sono capitata per caso vicino ad alcuni familiari delle vittime. C’era un padre che teneva saldamente il braccio sulla spalla di suo figlio, come se stesse tenendo sù il mondo intero (hanno perso madre e sorella) e c’era una famiglia composta da padre, madre e figlia (a loro mancavano all’appello i nipoti e la nuora). I genitori erano evidentemente in là negli anni: la madre bellissima…bionda con gli occhi truccati, sembrava una Brigitte Bardot con il caschetto, la figlia un po’ più grande di me, bionda anche lei, bella anche lei, sorridente e gentile nei modi. Il padre, un uomo anziano, sembrava un po’ dimesso, probabilmente stanco. Ad un tratto ci informano che entro dieci minuti sarebbe uscita la corte, davanti a noi c’era un muro di giornalisti e telecamere che impedivano la vista, così quest’uomo, senza dire niente a nessuno, posa un fazzoletto di stoffa sulla sedia e sale con entrambi i piedi sul fazzoletto, con un balzo rapidissimo, per vedere in faccia la corte, nel momento della sentenza. La moglie e la figlia, assistendo alla scena, ridono. È rimasto lì, in piedi sulla sedia, per venti minuti, aspettando prima e ascoltando poi la sentenza che assolve 6 su 7 imputati per la morte, tra gli altri, dei nipoti. È rimasto sulla sedia come avrebbe fatto un Robin Williams o un ragazzino, con un’energia e una forza che mai avrei attribuito a un uomo di ottant’anni. Dopo la sentenza si è avvicinato a me – che piena di vergogna, piangevo – e mi chiede di aiutarlo a scendere. Subito gli porgo il mio braccio e insieme alla figlia, lo aiutiamo a venir giù.

Oh capitano, mio capitano!

LICHTGRENZE – 8000 lights in Berlin

Berlin, 25 years after the fall of the wall.

LICHTGRENZE from Fall of the Wall 25 on Vimeo.

Copyright: Visualisierung LICHTGRENZE, © Kulturprojekte Berlin GmbH / bauderfilm / WHITEvoid 2014

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Il trionfo di Mohamed

Ieri sono capitata alla festa di laurea di Mohamed, un ragazzo arabo-israeliano, nato e cresciuto nello stesso paesino di Michelone, il suo connazionale rimasto ucciso dalla casa dello studente il 6 aprile 2009, uno dei suoi migliori amici. Nel bel mezzo dei festeggiamenti – in pieno stile arabo, con musiche e balli – Mumu ha preso per mano la madre e l’ha trascinata in danze folli. La signora rideva e ballava, un po’ forse vergognandosi. Ad un tratto, mentre danzavano, si è commossa ed è scoppiata a piangere, abbracciando forte suo figlio. Ed io ho pensato agli anni che ha passato avendo un figlio – oggi dentista – lontano da casa, in una terra devastata dal terremoto; ai sacrifici fatti perché potesse realizzare il suo sogno, alla volontà di tenerlo lontano da guerre e odio e alla fortuna di averlo ancora lì, con la corona d’alloro sulla testa, la gioia vera, profonda negli occhi e il futuro davanti a sé, nonostante tutto. Ho dovuto tirare in ballo tutto il mio cinismo per non scoppiare a piangere dopo di lei. È stata dura. È stata una delle cose più belle capitate negli ultimi anni, vedere Mumu preso in braccio, in segno di trionfo dai suoi amici.

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A volte ritornano

Sì, sono passati così tanti mesi dall’ultimo post, che un po’ mi vergogno. Pensate che è cambiata l’interfaccia per la scrittura su wordpress ed io non lo sapevo, me ne sto accorgendo solo adesso. Come diceva qualcuno: nel mentre ho vissuto. Sono accadute molte cose, belle e brutte che vi racconterò meglio – e con dovizia di particolari – in seguito, ma riassumendo moltissimo:

  • mi sto trasferendo da Milano a Roma (aaahhhh! sacrilegio!)
  • sono sempre innamorata e felice con il mio compagno
  • ho passato un’estate intera ammalata, con una settimana di permanenza a malattie infettive al Sacco di Milano (ma per fortuna non era tifo, come sospettavano e l’ebola era ancora un non-problema per gli euopei, relegato al continente africano)
  • sto passando un autunno soleggiato e caldo – e continuo a pensare che il clima si sia modificato per farmi godere almeno un po’ di sole – e, tanto per cambiare, sto riorganizzando un bel po’ di cose della mia vita professionale e personale.

Tutto cambia perché nulla cambi. 🙂

Vi lascio con un discorso di Bob Kennedy che ascoltavo questa mattina. Sì, io a volte al mattino, ascolto i discorsi di Kennedy (Bob, ché noi siamo sempre dalla parte di Spessotto) perché sono bellissimi, ogni tanto ci si commuove anche e poi si notano piccole cose, come un senatore degli Stati Uniti d’America che ringrazia i suoi ascoltatori a fine discorso. Piccole cose.

Louis Armstrong on “The Johnny Cash Show” – 1970

Zerocalcare: Il terrorismo e gli universi paralleli.

ZerocalcareTre strisce di Zerocalcare su Terrorismo e universi paralleli, per Chiara Claudio Mattia e Niccolò, che io ho ritenuto giusto postare sul blog, condividendo appieno il pensiero e la battaglia del movimento No Tav e ritenendo gravissime e assolutamente fuori misura le accuse mosse a loro carico – e quindi trovando incredibile la detensione dei quattro manifestanti.

“Io non sono quello che apre l’armadio, io sono quello che indica l’armadio”.

Geniali!

La cura

Non era scontato che sopravvivessimo, tutti noi che siamo sopravvissuti. Di certo non siamo rimasti illesi e ancor più certo è che non siamo guariti. Non si guarisce mai dall’essere terremotati, così come non si smette mai di morire per lo stesso motivo, almeno in Italia.

Una cosa però è certa: ogni mattina, da cinque anni a questa parte, mi sveglio e lancio il mio cuore oltre l’ostacolo. Ogni mattina mi sveglio e mi impongo di essere felice, perché è indecente vivere nella tristezza, quando si è al mondo.
Un giorno, quando sarà giunta la mia ora, incontrerò tutte e 309 le persone che non sono sopravvissute – anche quella bambina che non ha fatto in tempo a nascere – e dirò loro: “Scusatemi, non ho scelto io di vivere quella notte, è capitato così…ma dall’alba seguente l’ho scelto ogni giorno, o almeno ci ho provato sempre. Ho vissuto molto, viaggiato mai abbastanza, sognato e costruito tutto quello che ho potuto, ho amato e amo profondamente, mi sono arrabbiata con passione e tenacia e qualche volta ho anche fallito…succede. Però ogni giorno, anche nei più bui, mi sono imposta un rigidissimo regime di felicità. Bisogna essere molto rigorosi in questo. Scusate, se il destino ha scelto me e non voi per viviere e per farmi lacrimare gli occhi al sole; scusate, se io ho potuto mangiare la granita e tenere per mano il mio compagno e non voi il vostro. Scusatemi per tutti i fiori raccolti e per quelli ricevuti, che non ornano la mia tomba, ma profumano la mia casa…perdonatemi davvero, ma io ne sono stata felice ogni giorno e ogni giorno mi sono raccontata di esserlo un po’ anche per voi”.

Questo dirò loro, quando sarà il mio momento, ma fino ad allora (e spero che passeranno ancora decenni) la cura al mio essere terremotata sarà questa: la quotidiana scalata alla felicità. Anche oggi, soprattutto oggi.

Il sorriso, nel luglio 2009, per aver ritrovato una collana, all'interno della mia casa terremotata.

Il sorriso, nel luglio 2009, per aver ritrovato una collana, all’interno della mia casa terremotata.

#withSyria

Triste ricorrenza, quella che sta avendo luogo in questi giorni: i tre anni dall’inizio del conflitto – ma che dico “conflitto” – della guerra che imperversa in Siria.

“Il 6 marzo 2011 a Daraa, in Siria, quindici ragazzini sono stati arrestati e torturati per aver disegnato sul muro dei graffiti antiautoritari. Le proteste che sono scaturite dal loro arresto hanno portato a un’esplosione della violenza in tutto il paese. Le proteste si sono trasformate in una vera e propria guerra civile che ha prodotto 9,3 milioni di profughi”, si legge nella home del sito di Banksy.

Da ieri è su tutti i principali giornali e social network il video – divenuto giustamente virale – #withSyria, che lo street artist inglese Banksy ha realizzato e pubblicato sul suo sito, in onore della popolazione siriana “con compassione, supporto e la nostra voce” come scrive egli stesso nel corto. La sua celebre opera La bambina con il palloncino rosso, ha indossato i panni di una piccola rifugiata siriana e il murale prende vita, diventa un’animazione che mostra gli orrori e la violenza della guerra, ma allo stesso tempo dà un messaggio di speranza e vicinanza.

Non potevo non essere una di quelle voci e uno di quei palloncini che si sollevano in cielo una di quei milioni di cittadini del mondo che vuole gridare ai cittadini siriani, massacrati e fiaccati da tre anni di morte e violenza, “There is alwais a hope”.

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Buon compleanno Faber!

Faber_de_andréAscolto Fabrizio De André da quando ero nella pancia di mia madre e l’ho sempre, sempre e ossessivamente sempre ascoltato. Devo dire che, ancora oggi, ci sono degli album che conosco meno e alcune canzoni che mi ostino a non voler memorizzare, quasi per non “bruciare” tutte le nuove visioni del mondo che potranno insegnarmi; anche se da sempre – molto prima che ci lasciasse quel maledetto 11 gennaio 1999 – cerco di approcciarmi alla sua opera con un atteggiamento vagamente virginale, come se ogni volta fosse un po’ la prima che lo ascolto davvero.

Troppi sono i ricordi che mi legano alla sua musica e alle sue parole: imparai per prima Il Pescatore, a due o tre anni, andando in macchina verso casa dei nonni. Poi fu la volta de Il Suonatore Jones, che ho capito davvero forse vent’anni dopo, però intanto lui mi aveva già insegnato a pronunciare la parola “libertà” e ad immaginarla come la gonna di Jenny – che doveva essere proprio bella, quella gonna e quella Jenny, al ballo di tanti anni fa. Poi ci fu il periodo di amore folle per La Buona Novella che ascoltai – quasi esclusivamente – per tutto il 2001 e Storia di un impegato e Tutti Morimmo a stento…insomma! Come la maggior parte degli italiani che abbiano un animo, se non sensibile, almeno aperto alla possibilità di esserlo.

Oggi non andrò avanti a parlare di Faber perchè: Domine, non sum digna! – però, per festeggiare il suo compleanno, ho creato una playlist con 30 canzoni, praticamente quasi una per ogni mio anno di vita, due delle quali sono interpretate dai soli artisti che, a mio giudizio, posso permettersi di cantare De André, senza sembrare – loro sì – dei blasfemi: Franco Battiato e Morgan. Ve la lascio qui a fine post, starà a voi la scelta, se ascoltarla tutta o solo qualche brano, solo le canzoni che più amate. Mi aspetto che commentiate dicendo che ho dimenticato dei capolavori che proprio non avrei dovuto e che voi (e questo è certo, miei tredici lettori) avreste fatto molto meglio. Quindi linkate anche le vostre canzoni del cuore, che il vostro “pezzo di De André” qui troverà sempre un suo posto d’onore.

Tanti auguri Faber!